Quoted from Cronache Parlamentari
Anno XI n. 17
15 settembre 2012
I siciliani sempre in attesa di Godot
Tindaro Gatani,
messinese di nascita,
è emigrato da oltre
cinquant’anni
in Svizzera
Tindaro Gatani è un siciliano nato a Librizzi, comune in provincia di Messina, ma vive e lavora da quasi
cinquant’anni in Svizzera dove ha fatto da insegnante ai figli degli emigrati siciliani e dove per molti anni è stato direttore dei magazzini della Biblioteca Centrale di Zurigo.
Attualmente, Gatani si occupa di rapporti italo - svizzeri, di letteratura, di viaggi e storia della geografia. È redattore della Rivista della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera e scrive per il Corriere degli Italiani di Zurigo e per altre testate giornalistiche. Ha curato la pubblicazione di una raccolta di vedute e carte geografiche della Sicilia, una cartografia della Sardegna, la riproduzione in facsimile dell’atlante cinese del gesuita trentino Martino Martini, una raccolta ragionata dei progetti per l’apertura del Canale di Suez, utilizzata per una grande mostra al Cairo in occasione della Fiera del Libro del 2010. Per i suoi meriti culturali e per il suo impegno a favore dell’emigrazione italiana in Svizzera, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lo ha nominato commendatore dell’Ordine della Stella della Solidarietà Italiana.
Signor Gatani perché ha deciso
di lasciare la nostra Isola?
Io sono emigrato nel 1964. Avevo appena conseguito l’abilitazione magistrale e, per mancanza di prospettive di lavoro in patria, sono andato a fare l’operaio in Svizzera. In seguito ho insegnato nei corsi di lingua e cultura italiane per i figli dei nostri connazionali immigrati nella Confederazione. Dal 1990, per venti anni, sono stato collaboratore della Biblioteca Centrale di Zurigo.
Lei vive a Zurigo ma si reca
spesso in Sicilia. Com’è cambiata,
secondo lei, la Sicilia negli
anni?
È cambiato poco e quel poco sicuramente in peggio. Per i giovani non c’è più il miraggio del “posto”, ma nemmeno l’occasione di trovare un lavoro qualsiasi. La politica non progetta nulla e si muove in un circolo vizioso dove tutti sono contro tutti e nessuno per il bene comune. Ma anche la gente comune non fatanto per la propria terra: tutti si lamentano, ma nessuno ha idee su come migliorare la situazione. Si aspetta che qualcuno, sempre un altro comunque, faccia qualcosa per noi! In questo clima cresce l’indifferenza verso la cosa pubblica.
Tornerebbe in Sicilia o in Italia?
Io ci torno spesso e ben volentieri. Il quadro sopra descritto ha un contrappeso molto importante costituito dagli individui e dai gruppi che si battono per migliorare le cose. La Sicilia ha tutto per risorgere, ma non tutti i siciliani lo sanno. Basterebbe fare e non lagnarsi aspettando sempre qualcosa dagli altri.
Cosa le manca della Sicilia e
quanto vi è legato?
Io ho una filosofia particolare: quando sono in Svizzera, mi godo quello che c’è di buono in Svizzera e quando sono in Sicilia mi godo quello che di buono c’è nella mia terra natia. A voler avere la Svizzera in Sicilia e viceversa non ci penso nemmeno. Sarei un eterno infelice. Sono così fortemente legato alla mia
terra tanto da rinunciare alla richiesta di cittadinanza svizzera facilitata dal fatto che sono sposato con una cittadina elvetica.
Ha all’attivo diversi libri, l’ultimo
presentato il 18 agosto
a Patti, in provincia di Messina,
è “L’opera di al-Idrîsî”,
geografo arabo-siculo del XII
secolo. Può dirci qualcosa in
più su questo lavoro?
Nel particolare difficile momento storico, in cui si stanno profilando positivi sconvolgimenti epocali in tutta quella parte dell’Africa che si affaccia sul Mediterraneo, riproporre l’opera di un arabo, il più grande geografo del Medio Evo, che visse e lavorò in Sicilia, potrebbe costituire un buon esempio di quanto la collaborazione tra Arabi ed Europei, cioè tra Islam e Cristianesimo, possa produrre ancora oggi di concreto
al servizio del buon vicinato e della pacifica convivenza tra i popoli, rifacendosi alla tolleranza e al rispetto reciproco, che caratterizzarono il regno normanno di Sicilia sotto Ruggero II.
Perché L’opera di al-Idrîsî è
così importante per la storia
della geografia?
Rispondo con una citazione di uno dei massimi storici francesi viventi, Henri Bresc, che, tra l’altro, scrive: “Il lavoro monumentale di al-Idrîsî non è una semplice ricapitolazione, ma uno sforzo immenso di costruzione di un nuovo oggetto scientifico, il Mondo visto nel suo insieme, senza nulla escludere... La geografia... affermava pienamente in arabo la gloria di una terra siciliana ricca e pacificata, di una famiglia conquistatrice e saggia e di un principe [Ruggero II], al servizio del sapere”. Come tanti altri, anche lo stesso Bresc attribuisce ad al-Idrîsî il merito di aver fondato a Palermo “la prima geografia dell’Occidente”. Basta ricordare che la sua Carta del Mondo e il suo Libro di Ruggero (Palermo 1154) sono il frutto di oltre 15 anni
di lavoro di ricerca scientifica e di catalogazione di notizie certe su tutta la Terra abitata allora conosciuta.
È in al-Idrîsî che troviamo per la prima volta una descrizione e una rappresentazione di “al Sin”, la Cina, confusa ancora fino agli inizi del Seicento con il Katayo di Marco Polo, la Regione serica dei Romani e il Mangi di Cristoforo Colombo. Quattro secoli e mezzo prima, al-Idrîsî parlava diffusamente delle maioliche, del rabarbaro, dello zafferano, dello zibetto, delle città e dei fiumi, della flora e della fauna cinesi, rifacendosi alle notizie dei viaggiatori arabi che avevano visitato quel Paese.
Può svelarci il tema del suo
prossimo libro?
Sempre su tema geografico: tratterà della figura e dell’opera di Joan Martines di Messina, che, tra l’altro, fu il primo a rappresentare con assoluta precisione, nel 1591, una delle prime carte della Cina con le sue 15 province.
Clara Salpietro
My grateful thanks to Signora Clara Salpietro and Tindaro Gatani for their permission to post their interview.
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